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L’angolo vegano

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Nel silenzio generale si è compiuto il trentennale della strage di Bhopal

Oggi il fatto del giorno non è un fatto, ma una grave omissione. Per quel che ne so nessun giornale si è degnato di segnalare la ricorrenza dei trent’ anni  appena trascorsi dalla strage di Bhopal.

Il 2 Dicembre 1984 avvenne a Bhopal un terribile incidente industriale, che provocò diverse migliaia di morti. Da una fabbrica di fitofarmaci di proprietà della multinazionale statunitense UNION CARBIDE si sviluppò una nube di isocinato di metile, che si espanse su una zona densamente popolata. I morti sul momento furono circa 3000, ma il bilancio sale oltre i 15000 se si contano coloro che morirono nel periodo seguente per le conseguenze dell’intossicazione. Conviene ripercorrere gli avvenimenti degli anni successivi per concludere che di fatto nessun risarcimento è toccato alle vittime. Lo stato indiano ha incamerato una cifra pari a circa un sesto di quanto era stato richiesto dalle associazioni dei sopravvissuti e non solo ha ridistribuito ben poco, ma non si è neppure occupato di bonificare la zona inquinata, tanto che, a quanto dicono gli ambientalisti, ormai le falde acquifere sono contaminate e la gente continua, ancora oggi, trenta anni dopo, ad ammalarsi gravemente. Per quel che riguarda l’ aspetto penale della vicenda sembra che la richiesta di estradizione presentata dalla magistratura indiana a carico dell’ allora amministratore delegato della UNION CARBIDE, non sia mai stata inviata dal governo indiano al governo statunitense e che nessuna condanna sia mai stata comminata prima della morte naturale del soggetto (fonte Wikipedia Enciclopedia Libera). Intanto circa un anno e mezzo fa (24 Aprile 2013) in Bangladesh , a Rana Plaza, sono morte  1134 persone per il crollo di una fabbrica tessile nella quale venivano prodotti  capi d’ abbigliamento per aziende italiane di grido.

Sembra che anche in questo caso i risarcimenti tardino a venire, non ostante che molti dei sopravvissuti e delle sopravvissute alla strage siano rimasti invalidi, in un paese completamente privo di assistenze e previdenze e non ostante gli utili da capogiro che per anni le aziende italiane hanno ricavato dal lavoro di queste creature.  Nemmeno un po’ di pietà per gli orfani né per i bambini che, in quei luoghi, se restano senza il sostegno genitori, muoiono sulla strada. Del resto anche in Italia mi sembra che ci vogliano ridurre nelle stesse condizioni. E’ solo questione di tempo.